Un Mago da vicino.

Qualcosa che non puoi contenere, fatto di eccessi e passione. Questa è la descrizione della personalità che più calza a pennello dello chef che sto per descrivervi. Standogli vicino per motivi lavorativi, ho avuto l’occasione di seguirlo, ho imparato a conoscerlo, comprendere i momenti di silenzio e di euforia. Ho capito come si muove e cosa gli frulla per la testa, oltre che per le mani. Ho imparato a contenere i momenti iracondi e nello stesso tempo ammirare la cura con cui parla ai suoi ragazzi in cucina. Ho ritrovato similitudini nelle nostre origini, nella passione per la nostra città, nei percorsi mentali ed esperienziali. Senza bisogno di parlare, l’intenzione spesso è stata la stessa, il “come” guardiamo il mondo da due prospettive diverse è tutta torinese e  tutto ciò ha reso più facile il mio lavoro, comunicare la sua avventura gastronomica e saperla apprezzare.

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Ho assaggiato la cucina di Marcello Trentini per la prima volta una decina di anni fa ed era stata un’esperienza sorprendente. Poi è stato il momento della stella e un anno fa per vie traverse per un blogtour tutto torinese ho riprovato la sua cucina. Non riuscivo a capire e ho aspettato….gusti forti, contrastanti, per me forse eccessivi. Non riuscivo a tradurre le sensazioni in emozioni per scrivere e ho aspettato.

In seguito poi ho avuto occasione di partecipare ad un pranzo in onore di Patrick Ricci per festeggiare i suoi 3 spicchi del Gambero Rosso e ci sono stati piatti che mi avevano completamente rapita e altri no. Ma ho sentito che qualcosa nella cucina di questo chef stava cambiando. L’armonia dei sapori era cresciuta….

E infine oggi, dopo aver ripetutamente provato i suoi piatti sono arrivata ad esserne stata letteralmente conquistata ,tanto da confermarne l’assoluta qualità. Un’evoluzione veloce, repentina e negli ultimi mesi direi esponenziale.

Gli accostamenti, la sperimentazione, la leggerezza dei suoi piatti in una degustazione tutta in solitudine di ben 12 portate. Un sabato qualunque in cui mi ha detto: ” In questo momento vorrei farti vivere un’esperienza più che un semplice pasto”. E io tra me e me ho pensato: “si vabbè…”. Nella mia scetticità sabauda e con l’occhio a mezz’asta, forse anche mista ad arroganza femminile…della serie si vediamo a fine pasto se sta esperienza sei riusciuto a farmela fare. Sono uscita dopo le 12 portate con il desiderio maledetto di tornare il giorno dopo. Vinta e con la coda in mezzo alle gambe per qualcosa che mi era piaciuto troppo, mi sono allontanata con mille pensieri ed emozioni che mi hanno coinvolto per l’intera giornata e ancora oggi ci penso.

Potrei ora iniziare a raccontarvi della sua infanzia, quando giocava con il suo babbo a mangiare cinese con finte bacchette o il picnic del cowboy, la scelta di fare il liceo artistico e poi di studiare da autodidatta, il suo passato frikkettone in cui viveva nelle comunità bucoliche, facendo yoga e tagliando la legna per riscaldarsi, i suoi innumerevoli viaggi e le sue esperienze. Insomma tutto ciò che forse avete già letto di lui, personaggio eclettico e fuori dal comune, dissacrante e fuori dagli schemi. Ma non credo che ci sia un modo solo per diventare ciò che si è. I percorsi per arrivare a realizzare i nostri sogni solo la vita li può sapere, l’essere umano ci arriva dalle più disparate strade. E la sua è così. Una strada tortuosa, improvvisa, solcata ma generosa e avvolgente. E forse questo è anche la sua cucina. Un percorso non lineare che ognuno può sperimentare da sè. Un percorso che però porta a nuove consapevolezze anche personali: che ogni cosa è possibile e lui te lo dimostra. Uno smisurato ottimismo, un gettare il cuore oltre all’ostacolo, una persona retta e sincera, pura. “I duri e puri senza paura”.

Gli stimoli sono dietro l’angolo e le suggestioni sono invadenti, ma è così. La contraddizione la patisce, il carattere è esplosivo, ma il cuore c’è e si sente nelle cose in cui mangi. Le intuizioni di dove andare e cosa scegliere sono strategiche nel percorso di ognuno e lui le ha tutte. I suoi piatti mi hanno fatto vivere un’esperienza e  la sensazione più chiara che ho percepito, forse un po’ fuori dagli schemi, è un profondo rispetto per la persona a cui dà da mangiare. Cosa c’entra nella cucina? C’entra. L’ho sentito nei piatti che ha scelto per me, nella leggerezza degli ingredienti e la sequenza in cui li ha posti. Mai sentendomi appesantita. Una cucina leggera, con materie prima di indiscussa qualità e combinazioni sorprendenti per l’armonia e i metodi di cottura.

E’ stato uno chef table personalizzato e difficile da dimenticare. Vi ho messo qualche foto da poter solo immaginarne il gusto, il resto lo potrete provare voi stessi.

Magorabin, Corso San Maurizio, 61, Torino. Arrivo lentamente, ma quando arrivo, è deciso: mi piace.