Albicocche, pane di segale ed erbe spontanee del Vallese, l’altra Svizzera

Non di solo formaggi e salumi è fatta la Svizzera e oggi andremo ad approfondire tre grandi prodotti in uno dei cantoni elvetici più grandi: il Canton Vallese. Situato a sud ai confini con la provincia di Vercelli e la Valle d’Aosta e il Verbanio Cusio Ossola dà la culla ad uno dei fiumi più importanti e affascinanti d’Europa il Rodano che percorre tutta la Francia per poi sfociare nel Mediterraneo. Oltre a confinare con la Francia (dipartimento dell’Alta Savoia nel Rodano-Alpi), a nord il cantone è vicino al Canton Vaud e al Canton Berna; il Canton Uri e il Canton Ticino invece si trovano a est.

E’ il cantone più soleggiato della Svizzera e la valle del Rodano gode di condizioni climatiche tra le più secche d’Europa potendo così coltivare le mele, l’uva, le pere e persino delle albicocche con aromi e una polpa fine.

La frutta che proprio non ti aspetti è proprio l’albicocca e invece arriva in Svizzera dall’Estremo Oriente poco dopo il 400 portato dal mediterraneo. E’ un prodotto caratteristico del cantone e anche un fiore all’occhiello, perché risiede la quasi totalità della produzione nazionale. La varietà predominante è la Luizet, nome che proviene dal botanico francese  che la coltivò nella valle del Rodano agli inizi dell’800. Prima di allora la frutta veniva trasformata  in conserve, composte o fatta essiccare, poi iniziarono a produrre i distillati di albicocche non ancora mature. Oggi invece la frutta viene consumata fresca da fine giugno sino alla fine di agosto e si producono anche succhi biologici di altissima qualità con succo puro della polpa senza aggiunta di conservanti né zucchero. Un vero nettare degli dei. Il sapore è particolare perché a differenza delle nostre albicocche sono meno dolci, forse perché meno assolate e a causa delle temperature più fredde. Ma vi assicuro che sono molto dissetanti e la leggera acidità gli conferisce un sapore unico.

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Il distillato di nocciolo di albicocche ormai è un’eccellenza svizzera e si chiama Abricotine.  Dagli anni 70 è diventata con l’esperienza delle distillerie un’acquavite di grande fama e qualità grazie alla polpa succosa della Luizet.  Come tutti i distillati, l’Abricotine è principalmente servita come digestivo, ma anche usata per dolci e fa parte ormai dell’ampio assortimento tradizionale di distillati svizzeri fatti a partire di frutta a nocciolo, vinaccia o piante selvatiche.

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Dopo la frutta andiamo a conoscere un altro prodotto, il pane di segale. Uno dei cibi più antichi e più poveri della tradizione contadina che oggi si trova difficilmente sulle tavole. In realtà è un pane lievitato naturalmente che fa molto bene e che non abbiamo più l’abitudine di mangiare. L’ultimo panificio del Vallese che produce la ricetta originale si trova a Simplondorf, un paese di 360 anime. La ricetta originale non prevede l’utilizzo fortunatamente del lievito di birra ma solo di cruschello di segale finemente macinato, acqua sale e lievitazione naturale 12 ore (con pasta madre). Il pane è compatto è ha la mollica umida e un po’ acida. Per queste caratteristiche si è guadagnato la denominazione di “presidio Slow Food” in modo da sostenere la produzione artigianale aiutando la filiera e l’incentivo dell’utilizzo delle vecchie macine di pietra del mulino di Blatten, presso Naters con lo scopo in futuro di riattivare altri mulini a pietra di tutto il Vallese. Nella giornata di presentazione dei prodotti del Vallese ho potuto degustare oltre a questo pane quello con le noci e quello con le albicocche al suo interno e non avrei smesso. E’ un salto nel passato nelle cose semplici e buone di cui si sono persi i sapori. Energeticamente è un cibo vivo che racconta una storia e un territorio.

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Tra un assaggio e l’altro, i racconti dell’esperto botanico di vitigni con la degustazione dei vini vallesani, e i formaggi freschi e stagionati della raclette di diversi alpeggi e stagionature scopro che il Vallese è oltre la valle delle alte vette, come il Cervino e dei ghiacciai più grandi d’Europa, è la culla di un antichissima tradizione di erbe spontanee. Mi sembra inutile spiegarlo, ma le erbe spontanee sono erbe commestibili e medicinali che si trovano in natura passeggiando nelle campagne e nelle montagne “spontaneamente”. Addirittura pare che tantissime donne nei primi del 700 fossero messe al rogo perché praticavano pozioni magiche e accusate di stregoneria. In realtà probabilmente avevano fatto un infuso di melissa e sambuco, erano donne sole, ricche e qualcuno era interessato alle loro eredità. La tradizione però è da ricercare ancora più anticamente diecimila anni or sono per l’utilizzo e qualche migliaio di anni dopo per la coltivazione. E’ una risorsa alimentare indispensabile e una cura terapeutica fondamentale anche nelle famiglie del canton Vallese fino a metà del Novecento. Ora si da il nome di “foraging” ed è molto di moda. Tantissime associazioni organizzano passeggiate per il riconoscimento delle piante e l’utilizzo al fine di riappropriarsi del rapporto uomo natura. La richiesta è cresciuta grazie anche alle numerose iniziative di sensibilizzazione e una nuova forma di turismo di alcune cooperative che stanno risvegliando queste antiche e buone abitudini.

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In Vallese c’è la cooperativa di produttori Valplantes, nata nel 1985 e attualmente si riunisce, con altre cooperative svizzere, per soddisfare  le esigenze dei vari mercati, quali Ricola (avete presente le caramelle della nonna alle erbe? bene, inciamperete in interi prati qui in  Svizzera); Weleda (chi non ha in casa qualche olio per massaggi e crema naturale di questa ottima marca?), ALPAFLOR, DIXA, Reitzel, etc. Valplantes comprende per l’appunto centinaia di produttori del Vallese, coltivando una ventina di specie e produce più di un centinaio di tonnellate di sostanza secca. La selezione di varietà di ceppi selvatici raccolti in natura, lo sviluppo di metodi di coltivazione e loro meccanizzazione, sono state effettuate nelle zone di Conthey e Bruson dall’ufficio federale dell’agricoltura Agroscope di Changins-Wädenswil. Questo ramo dell’agricoltura è un’estensione delle conoscenze e agricoltura di montagna, ampiamente praticata in Vallese.

Questo tipo di produzione biologica di origine montana offre un significativo contributo finanziario agli agricoltori interessati. Il Conservatorio Botanico della Città di Ginevra ha intrapreso negli ultimi anni la conservazione delle specie e varietà rare di flora Vallese. I semi raccolti in natura sono conservati in una banca del seme. Inoltre, alcune specie si sono moltiplicate e sono soggette a conservazione in vivo nei loro giardini e siti naturali.

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La coltivazione delle erbe spontanee faceva parte delle pratiche di maggior parte delle famiglie, fino alla metà del 20° secolo. Alcune specie venivano raccolte per tisane come la verbena, il timo, il sambuco, il crespino, la rosa canina, l’alchemilla. La maggior parte delle famiglie coltivava nei propri giardini casalinghi la camomilla e la salvia. Per uso terapeutico è sempre stata una pratica abbastanza usuale, pensiamo al grande consumo di arnica e di calendula o di sambuco come febbrifugo e come coadiuvante della circolazione. 

Il raccolto e l’utilizzo dei prodotti naturali è sentita oggi come una forte necessità da parte della popolazione. In questo momento esistono moltissimi stage, seminari, corsi e diplomi di naturopatia, corsi di cucina e centri benessere naturali, in questo modo la tradizione della raccolta di piante viene mantenuta e trasmessa, in particolare proprio nel cantone l’esperienza della signora Germaine Cousin-Zermatten è un modello famoso a livello europeo. Una donna che ha contribuito alla cultura delle erbe spontanee commestibili e le antiche tradizioni terapeutiche delle nonne con un centro di formazione e benessere dell’individuo attraverso le cure naturali in Val d’Herans. Ha scritto molti libri e tiene tutt’ora corsi di un weekend e passeggiate per trasmettere le sue  conoscenze.

Per evitare che questa tradizione del riconoscimento delle erbe spontanee venga perso, sarebbe necessario effettuare una educazione ambientale più sostenuta fin dalla tenera età, dalla scuola materna fino alla fine delle scuole superiori. Le iniziative per promuovere le pratiche culturali di ogni genere legati alla natura devono essere incoraggiate. I corsi, i seminari, le conferenze, le manifestazioni, le escursioni botaniche sono tutti modi per mantenere la conoscenza e la pratica di questa tradizione. Nel cantone si trovano ad esempio la Scuola delle piante di Evolène, i seminari di Madame Cousin, le escursioni e le passeggiate, i corsi all’università popolare, la conservazione delle piante commestibili del giardino botanico.

CURIOSITA’:

Un tempo nel canton Vallese, a San Giovanni (24 giugno), si producevano croci con piante sacre, come erba di San Giovanni, l’artemisia vulgaris, achillea e la regina dei boschi, raccolti e benedetti in chiesa e poi fissate sopra le porte delle case e stalle per ottenere la protezione divina, questa tradizione simile è ancora a volte praticata in Valle d’Aosta.

SUGGESTIONE GASTRONOMICA ANTICA: Preparatevi un’insalata di tarassaco con uova sode, pezzetti di albicocca accompagnata dal pane di segale e vediamo se non è un viaggio nel tempo.

RICETTA: POLPETTE DI SEGALE

INGREDIENTI x 4 persone: 2,5 Brodo di verdura; 120  gr di segale vallesana macinata grossa (cruschello di segale)- 1 uovo-1 cucchiaio da tavola di noci tritate- 1 scalogno tritato fine-1 spicchio d’aglio pressato-50 gr di formaggio raclette del vallese DOP, grattugiato- 2 cucchiai da tavola di erbe aromatiche fresche, per esempio maggiorana, prezzemolo, erba cipollina, tritate fini – sale, pepe (a piacimento) – 3 cucchiai da tavola di pane grattugiato – burro per arrostire o crema per arrostire.

PREPARAZIONE: 1-Riscaldare il brodo, unire il cruschello di segale vallesano e cuocere per 5 minuti tenendo coperta il tegame del fuoco e lasciare a bagno la segale. 2-Unire poi alla segale uovo, noci, scalogno, aglio, formaggio ad erbe aromatiche, mescolare e insaporire. 3-Formare delle polpettine grandi come una noce, impanarle nel pane grattugiato. Friggere su entrambi i lati nel burro per arrostire o nella crema per arrostire.

photo di Sylvan Muller dal libro di Dominik Flammer