Pietro Leemann e la dieta vegetariana, una via per evolvere

Dopo aver letto il libro, Il Sale della Vita di Pietro Leemann è naturale iniziare a farsi delle domande: su come mangiamo, sul perché delle nostre abitudini e forse anche qualche domanda in più sul senso della vita e di come abbiamo deciso di viverla. Il suo libro racconta la sua vita e il suo percorso da chef. Un percorso che l’ha visto circumnavigare la terra alla ricerca di qualcosa per il suo mestiere e per la sua anima. Prima a Losanna in Svizzera con Girardet, poi in Italia con il maestro Gualtiero Marchesi e Angelo Conti Rossini, sempre combattendo con un senso di disagio per la proposta alimentare che non gli corrispondeva a pieno. Istintivamente già sapeva che quella era la sua strada, ma c’era sempre qualcosa in ciò che faceva che non gli corrispondeva completamente. I viaggi in estremo Oriente in Cina e Giappone lo portano a sperimentare oltre le antiche discipline del Tai Chi e della cultura zen, tecniche di cucina e l’introduzione di nuovi e sconosciuti ingredienti. In Oriente inizia a capire chi è veramente ed inizia a diventare vegetariano.

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Il suo viaggio è stato prima di tutto una ricerca spirituale, si sa, la cosa più difficile nella vita è sapere come siamo veramente, cosa ci fa star bene e riuscire ad essere  coerenti nel perseguirlo. Questo libro è pieno di spunti di riflessione sul senso del vivere e del cibarsi; è pieno di viaggi, di incontri, di amori e di sperimentazioni su di sé. Un giovane che dai 16 ai 29 anni cerca il senso della vita, mettendosi in gioco, studiando, contestando, fermandosi, dandosi il tempo di capire e assimilare le esperienze fatte.

Oltre a farmi delle domande ho potuto fargliene a lui e questa intervista vuole ancora più entrare a fondo, nelle pagine del suo libro dove racconta le sue difficoltà di diventare vegetariano, dimensione alla quale finalmente approda.

Iniziamo da dove lei è oggi, l’Italia, Milano e l’Expo, poi parleremo del suo percorso spirituale.

Cosa significa essere Ambassador dell’Expo per lei?

Mi sento di poter dire la mia. L’Expo è una piattaforma democratica. Mi chiamano a parlare ed essendo l’unico Ambassador vegetariano, do il contributo che mi interessa. Ad Expo ci sono tutti, quelli che vogliono fare business e quelli invece che hanno un rapporto scientifico con l’alimentazione. La scienza non sempre è esatta, bisogna allora fare uso del buon senso imparando dagli errori che sono stati fatti. Noi siamo come corpo fisico, la natura. Quindi le cose non naturali fanno male. La chimica, gli ogm, il glutammato e i conservanti che portano in modo inesorabile a varie malattie. Sono affascinato dalle grandi medicine orientali che prevengono come l’Ayurveda o la medicina tradizionale cinese. Il corpo non è una macchina, è un essere complesso, con un apparato fisico, ma anche spirituale e psichico con un senso preciso. Se la scienza non considera tutti questi aspetti, è parziale. 

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Come mai sceglie l’Italia per lavorare? Fa il giro del mondo, ha la possibilità di lavorare dove vuole e sceglie di rimanere qui.  E’ un paese difficile, pieno di contraddizioni e malsana burocrazia, mentre anche solo facendo qualche chilometro potrebbe tornare in Svizzera dove tutto funziona.

Da quando sono arrivato in Italia, Milano è migliorata molto. In Svizzera è vero, si sta bene perché c’è una questione storico-culturale diversa dalla vostra. Non ha subito le due guerre non è dovuta mai ripartire da zero. E’ un paese benestante. Proprio quel benessere è il suo limite a volte. L’italiano medio deve tirarsi su le maniche invece per avere lo stipendio a fine mese. Questo sforzo di dover “fare” sviluppa una grande creatività. Ho conosciuto artisti, architetti, designer in questa città che mi hanno molto ispirato. Il problema dell’Italia sono le scelte politiche, ma l’industria e la cultura italiana sono fenomenali. In Svizzera il politico è veramente al servizio della popolazione. Il federalismo è un sistema democratico dove ogni funzionario si occupa del benessere del proprio paese. In Italia invece la politica regge sui propri interessi più che a quelli della comunità. La burocrazia eccessiva è lo specchio del non funzionamento dell’apparato. Milano è una città invece che si è messa in riga. E’ un’eccezione. Il sindaco è al servizio dei cittadini.

Lo svizzero è talmente abituato bene economicamente che non si pone dubbi sulla sua felicità. Questa però non è un bene materiale.FullSizeRender_4

Entriamo un po’ nel merito della sua cucina e delle sua filosofia. Una domanda sincera che mi sono posta e che le rilancio, il cibo consolatorio della nonna come fa ad essere vegetariano? Un buon bollito o una buona salsiccia sulla stufa possono essere piatti che riportano all’infanzia e alle coccole e a ciò che abbiamo vissuto:

Dobbiamo riconoscere ciò che è utile a noi e ciò che invece ci condiziona. Le abitudini alimentari sono spesso indotte da elementi che ci hanno condizionato, come l’educazione e l’abitudine a mangiare un certo cibo. Non siamo più indipendenti nelle nostre scelte. Se la nonna cucinasse con amore una buona insalata o cucinasse con amore un buon coniglio, è sempre meglio l’insalata. Perché in entrambi modi noi nipoti mangiamo il suo amore nei nostri confronti: uno è un amore sano. L’altro non lo è. L’atto di amore spesso è il cioccolatino o la caramella e li abituano a mangiare cose che non vanno bene, proprio come gli zuccheri o la carne che sono prodotti che creano dipendenza e abbassano il nostro stato di coscienza. Quando mangiamo la carne mangiamo la violenza verso quell’animale, noi mangiamo quell’atto. Tante religioni hanno il precetto di non uccidere, allargato anche agli animali. La religione ha precetti e regole perché l’individuo si evolva. Entro spesso in contrasto con i miei parenti, ad esempio durante le festività pasquali, non vado dai miei perché sto male a vedere l’agnello sulla tavola e vado a fare una passeggiata. Su altre cose scendo a compromessi per la serenità famigliare, ma la violenza inutile dell’agnello non la sopporto e mi dileguo. L’intelligenza e il dialogo è che  ognuno deve accettare l’altro. Il grande salto evolutivo è godere dei sensi senza trasgredire. Paradossalmente invece oggi il cibo è basato sulla trasgressione come il foie gras, il tonno, l’eccedere con il vino. C’è qualcosa che non va. Al Joia si cerca di fare un’altra cosa, dimostrando come si possa gioire senza trasgredire.

Nella visione biblica tutto ciò che abbiamo ci appartiene: gli animali e le piante. Dio è onnipotente, ma noi siamo infinitesimali. Anche osservando la nostra società, si vede che tutti vogliono comandare e nessuno vuole rimanere al servizio.

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A proposito della sua ricerca di Dio e della sua strada spirituale. Nel suo libro racconta che ad un certo punto, indeciso se fare il suo viaggio tra Oriente e Occidente (tra Cristianesimo e Filosofie e religioni orientali) opta per il Canada. Passa venti giorni nei boschi a cercare la verità, da solo, senza cellulari, solo con un sacco a pelo e un fornello. Sceglie l’occidente e poi torna e incontra Marco Ferrini, un krishnaita. Non mi aspettavo questo colpo di scena.  Un intellettuale, razionale che si era sempre tenuto fuori dall’abbracciare totalmente qualsivoglia credo ad un certo punto “sceglie”.

In Oriente ero già stato in Cina e in Giappone, in Occidente non ero mai stato nel nuovo continente. In quella dimensione volevo purificarmi e capire. Ho avuto delle visioni e prospettive che mi hanno aiutato. Nella mia vita spesso sono stato un elastico tra ascesi e discese. Istintivamente cercavo una guida, ma poi non l’ho mai veramente voluta. Per molti anni ho cercato di trovare la verità e me stesso da solo, mi sono reso conto che per ciò non era possibile. Ho invocato allora di trovare una guida e al mio ritorno ho incontrato Marco Ferrini, Dio me l’ha mandato. Era la persona adatta a me e giusta in quel momento della mia vita. A casa ho un tempio, come ce l’ho in cucina. Anche la capacità di fare e di agire, deriva dalla preghiera e dalla pratica costante. Ciò che mi ha cambiato è seguire dei principi, abbandonarmi al maestro e praticare. La mia vita è organizzata su questo. Mi alzo presto al mattino per pregare e per predispormi alla giornata e la mia missione è portare le persone ad un’alimentazione vegetariana, perché questo tipo di alimentazione è uno strumento per stimolare l’evoluzione della coscienza delle persone.

FullSizeRender (2)Cosa si porta dietro della tradizione svizzera nei suoi piatti?

Io sono un frullato di esperienze fatte, quindi la tradizione svizzera è sicuramente presente nella mia cucina. L’esperienza più importante in quel paese è stata con Girardet, chef rigoroso di Crissier vicino a Losanna che mi ha insegnato molto: l’organizzazione, le tecniche e il metodo, che oggi ripropongo nella mia cucina. Soprattutto nei dolci c’è un richiamo alla mia terra. Ad esempio, un dolce che amo si chiama “Gong” ed è una spuma di latte con frutti di bosco e rappresenta un simbolo dell’estate in Svizzera, dove la gente passa le serate sulle terrazze a mangiare gelati arricchiti di buona frutta. In Ticino raccolgo erbe spontanee, faccio stagionare i formaggi a Giumaglio in valle Maggia. C’è un profondo legame con la Svizzera. Io mi sento e sono Svizzero.

La gastronomia svizzera è molto buona, la qualità della cucina è alta, ma le scelte alimentari non lo sono, a parte qualche eccezione. E’ l’unico paese in Europa la cui tendenza a mangiare la carne è in aumento invece che diminuire. Non è un buon segnale.

Quando in un paese si sta bene le persone fanno fatica a credere che le cattive scelte portino ad ammalarsi, spesso la propria salute è demandata ad altri e siamo deresponsabilizzati da ciò che ci capita. Per fortuna il corpo umano ha una grande capacità di recupero, se cambiamo la nostra dieta il nostro corpo diventa nuovamente sano velocemente.

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Quale percorso consiglia ad un giovane cuoco che voglia diventare vegetariano?

Prima dovrebbe diventare vegetariano lui stesso. Poi iniziare a studiare libri sull’alimentazione naturale. Quindi fare una scuola come la nostra, la Joia Accademy.

Bisogna far emergere l’alto valore dell’alimentazione. Il Cibo deve diventare strumentale a salute dell’ospite, del pianeta e di tutti gli esseri.  Il cibo deve diventare un veicolo di trasformazione gestito da noi. Ogni giorno il piatto che abbiamo davanti dovrebbe esprimere ciò che siamo e che sentiamo giusto fare. Per uno spiritualista il cibo insieme alla preghiera (mantra) è uno strumento importantissimo, ha uno scopo elevato. Cucinando possiamo arricchire di sostanza gli alimenti che diventano trasformazione della vita nell’evoluzione della coscienza e del sé.

Se non curiamo il senso ultimo della vita, questa passa e finisce senza che nulla sia accaduto. Si può pensare: “mangio per vivere, oppure capire quanto sia importante il cibo, per gioire, ma anche per evolvere”.

Quale è il suo piatto del cuore? Quel piatto che lo conforta nei momenti di stanchezza?

Quando ho voglia di gratificarmi mi preparo un dolce o una crostata di frutta e questo è legato al vissuto della mia casa e di mia mamma. Cerco sempre di condividere ciò che preparo. Il cibo è uno strumento che migliora le relazioni.

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Quale progetto ha per il futuro?

Vorrei dedicarmi maggiormente all’insegnamento e alla sensibilizzazione ai temi a cui ho dedicato la vita. E’ presto per ritirarmi. Devo ancora realizzare molte cose, mi sento anche strumentale ad un messaggio importante. Nel mio piccolo contribuisco a modificare la società.

Spesso viene tolta alle persone la capacità di fare ciò che desiderano, quando invece ogni desiderio è ripagato.

Inizia il mio pranzo. Ogni portata diventa un momento di riflessione e di presa di coscienza. Inizio a sentirne il gusto e poi l’energia del cibo. Inizio a pensare che ogni azione rivolta all’alimentazione dovrebbe essere presa con più consapevolezza e con un senso di responsabilità profondo, ma nonostante questo, riesco comunque a gioire.FullSizeRender (3)